domenica 1 aprile 2012

perché non credo all'oroscopo

Oroscopo del segno della Vergine per Venerdì 30 Marzo 2012, ascoltato per caso alla radio durante auto-preparazione mattutina (ne parafraso, a scopo polemico, il linguaggio aulico e pretenzioso):

"Giornata senza infamia e senza lode, solita vita lavorativa, un po' di noia negli affetti. Riferimento a curiosi e, apparentemente, insignificanti transiti di pianeti in un fantomatico pezzo di cielo."

Giornata di un esponente tipico del segno della Vergine (l'autrice).

Sveglia alle 5:30 (seguita a rientro nel mondo dei vivi alle 4 del mattino e a un'ora e trenta di riflessioni insonni nel letto).

Colazione e doccia.

Ascolto della radio (e del suddetto oroscopo) durante vestizione, trucco e parrucco.

7:00. Uscita da casa, passeggiata, metro.

8:25. Trenino.

9:00. Arrivo in ufficio.

9:10. Thè e inizio di giornata lavorativamente ed emotivamente monotona.

10:00. Decisione di prendere il toro per le corna e auto-lancio nella gestione delle burocrazie odierne, in particolare nell'ottenimento del nuovo badge di ingresso ai laboratori, concomitante all'inizio del nuovo contratto.

Dalle 10:00 alle 12:00: telefonata all'amministrazione per chiarimenti su situazione inserimento dati. Telefonata ad un'altra amministrazione per verifica compatibilità tra i dati delle due amministrazioni. Scoperta di incompatibilità tra i suddetti dati. Nuova telefonata alla prima amministrazione per investigare mancata sincronizzazione informatica. Rivelazione di inquietanti, nonché attese, carenze documentarie per ultimare la sincronizzazione.
Rapida comunicazione col capo per chiarire la situazione.
Telefonata del capo al personale di cui sopra per tentare indagine più approfondita, con conseguente invito ad una rapida risoluzione del caso. Riflessione della sottoscritta su quanto l'efficacia delle sue telefonate impallidisca di fronte a quella delle telefonate del capo. Autoconsolatorie, nonché divertite riflessioni sulla vita da ultima ruota del carro.

Rientro in ufficio e nuova serie di telefonate.

Felice incontro telefonico con amministrativo efficiente e gentile che, sensibilizzato da rapido racconto vicende mattutine, dalla primavera e dalla Pasqua imminente, offre una forte ipotesi di collaborazione, proponendosi di sorvolare sulle burocrazie e di realizzare il badge prima di ricevere tutta la documentazione del caso, a seguito di patto di sangue con la sottoscritta in cui ella garantisce ricevimento del plico da parte dell'ufficio competente nel giro di due, massimo tre giorni lavorativi (non fa fede il timbro postale).
Momenti di emozione e soddisfazione, prodotti da probabile rilascio di endorfine e neurotrasmettitori del benessere vari, a seguito del compiacimento per l'incredibile risultato ottenuto.
Condivisione del momento con i compagni di ufficio ed espressione di solidarietà da parte di essi.
Rapida ricerca del capo in preda ad entusiasmo per risultato ottenuto, e forte voglia di condivisione di esso con le alte sfere.

Incontro improvviso e inaspettato con il capo per le scale, che blocca sul nascere le parole annunciatrici di vittoria comunicando che:

- l'amministrazione ha telefonato
- è emerso un problema
- l'ultimazione delle pratiche si è rivelata impossibile
- non ci sarà alcun badge
- ...perché probabilmente non ci sarà alcun contratto.

Rapido saluto del capo che corre a prendere a sua volta il toro per le corna al fine di preservare il suo sottoposto dal crudele e beffardo destino che lo attende.

Rapida riorganizzazione delle sinapsi neurali al fine di realizzare quanto appena appreso, e conseguente modifica della propria visione dell'universo.

Telefonata all'amministrativo gentile e collaborativo per bloccare svolgimento di capolavoro gestionale a seguito di drammoni burocratici sopraggiunti.

Passeggiata ad altro edificio del laboratorio per prendere un caffè senza zucchero e consolarsi con alberi in fiore e merli laboriosi.

Rientro nel proprio edificio con faccia evidentemente scossa, rivelata alla coscienza da subitanea domanda di collega gentile e premurosa riguardo all'andamento delle cose.

Sfogo con collega e incoraggiamento da sopraggiunto supporto umano.

Discorso sulle sorti del paese e della ricerca, nonché sulla bellezza della montagna e sull'arricchimento indotto nella vita dai rapporti umani, soprattutto amorosi.

Istantanea interruzione di amena conversazione a seguito di irrompente arrivo del capo che dichiara: tutto risolto, avrai il contratto.

Riconciliazione con l'universo e ulteriore riorganizzazione sinaptica. Protesta delle suddette sinapsi per mancanza di tranquillità in data odierna. Mancanza aggravata dal fatto che è venerdì e il weekend comincia un po' per tutti.

Rapido ritorno in ufficio e riattivazione telefonica di capolavoro gestionale. Definizione appuntamento per produzione finale di badge dello scandalo.

Telefonata di convocazione per il pranzo da parte del capo. Incontro fuori dell'edificio e rinnovata allerta a seguito di telefonata segretaria per comunicare che la sottoscritta è ricercata dall'ufficio dell'amministrativo gentile per rapida comunicazione.

Materializzazione mentale istantanea di scenari catastrofici per cui tutto andrà nuovamente a rotoli in pochi minuti, prodotti probabilmente a scopo doloso da sinapsi rese vendicative da eventi quotidiani.

Nuova telefonata all'amministrazione con animo diviso tra rassegnata accettazione del destino e forte curiosità intellettuale verso gli affascinanti percorsi dell'intoppo.

Scontro con occorrenza surreale a coronamento di giornata dichiarata astrologicamente tranquilla: l'amministrativo mi chiamava solo per informarmi che dopo verranno a disinfestare il mio ufficio dalle formiche.

Pranzo.

Caffè carino.

Nuova telefonata del capo per affidamento documenti essenziali al fine della realizzazione di capolavoro burocratico, che si scopre basato su importanti relazioni internazionali e su forte coinvolgimento di tre dei cinque continenti (se escludiamo le zone artiche).

Ore 14:00. Giro per uffici per distribuzione documenti importanti.

Ore 14:30. Ingresso nell'ufficio di amministrativo collaborativo e gentile e scioglimento commosso e sentito in mille formule di ringraziamento, nonché dichiarazione di amore incondizionato ed eterno nei secoli dei secoli.

Ore 14:40. Uscita trionfale con nuovo badge e contemplazione commossa di esso alla luce del sole di un primo pomeriggio di primavera nei castelli romani.

Ore 17:15. Primo, orgoglioso - nonché sospettoso - utilizzo di nuovo badge per uscire dal laboratorio.

Ore 17:30. Scoperta che la parte difficile della giornata doveva ancora cominciare.

Ore coinvolgenti e generazione di affascinante confusione mentale, ma apprezzamento del benefico effetto di esse sulla vitalità dell'esistenza e sulla sensazione di vivere sul serio.

Ore 23:30. Rientro sotto le coperte mattutine e abbandono a riflessioni su quanto a definire la vita siano solo le interazioni umane, e constatazione divertita dell'impallidimento di ogni vicenda lavorativo/burocratica/pratica di fronte alla "pungevolezza*" dei rapporti tra noi homo sapiens.

Fine della giornata lavorativamente ed affettivamente noiosa. Rapido guizzo nel cervello - ormai posseduto da ignoti meccanismi onirici - di divertita riflessione sulla puntualità dell'oroscopo odierno e sull'eventualità che abbiano confuso l'oroscopo della vergine con quello del toro; riflessione probabilmente prodotta come ultimo atto di ritorsione/riappacificazione da spiritose sinapsi finalmente riconciliate con disgraziata proprietaria.







* avevo bisogno di questa parola, quindi la invento.

sabato 21 gennaio 2012

Dalla parte delle vecchiette

No. In certi casi non si può proprio stare dalla parte delle vecchiette.

Proprio l'altro giorno ho avuto modo di toccare con mano, nell'arco di pochissime ore, molte delle features che caratterizzano l'essere vecchietta oggi; uno stato di esistenza pieno, sì, di saggezza, esperienza e amore, ma corredato purtroppo anche di disagevoli forme di prepotenza.
Il top di questa negatività mi si è palesato davanti, limpido e splendente, nella sala di attesa dell'ospedale, dove l'incontro/scontro tra due signore di una certa età, svoltosi alla luce del giorno di fronte agli occhi ignari degli avventori di quel reparto, si è rivelato per quello che davvero è: una lotta tra titani.

Una delle due - la chiameremo vecchietta numero 1, Vn1 - era in attesa del suo turno di visita già da un po' quando, in modo apparentemente innocuo, è apparsa una seconda vecchietta (vecchietta numero 2, Vn2) che, con fare inquisitorio, ha domandato se il Dottor TalDeiTali ricevesse in sala 2.
Ora, il Dottor TalDeiTali veramente riceveva in sala 2, e questa realtà era evidente a tutti gli astanti, vecchietta numero 1 compresa.
Qui l'astuzia geriatrica ha dato il meglio di sé. Con piena nonchalance, esibendo la sicumera di chi è addentro a queste cose, Vn1 ha risposto: no! Il dottore non riceve in sala 2!, allontanando in tal modo la rivale, che si è incamminata per altri lidi o altri reparti alla ricerca di questo benedetto medico (quando servono non si trovano mai).

Insomma, le vecchiette si depistano, e attuano queste crudeli strategie senza un minimo di pietà, convinte in tal modo di massimizzare il tempo che il servizio sanitario nazionale dedica loro e misteriosamente consapevoli del fatto che, nonostante il marmoreo ordine di visita definito dall'accettazione, smaltire le code eliminando la vecchietta col numero n porterà indubbio beneficio alla vecchietta col numero n-15.

Altra brillante performance da vecchietta è stata quella a cui ho assistito, stavolta con terrore, alla fermata dell'autobus.
Quella linea disgraziata non passava da 35 minuti, fatto questo che, al di là del disagio che può creare a un povero cittadino, non avrebbe avuto conseguenze drammatiche se non ci fosse stata una vecchietta lì che la aspettava.
Nel momento in cui arrivavo alla fermata, erano lì presenti la suddetta vecchietta - Vn3, n.d.p. (nota della pecorella) - una signora filippina che parlava filippino al telefono e tre controllori appena sopraggiunti.
Dopo qualche minuto di indagine visiva, la Vn3 si è avvicinata ai controllori e, fingendo un'aria apparentemente affabile, ha chiesto loro, quasi con grazia: ma come mai il 791 non passa da 35 minuti? E' successo qualcosa?
Questi, un po' spiazzati da tanto garbo ma - ne sono certa - consci del pericolo in agguato, hanno risposto molto cortesemente che c'era un po' di traffico e l'autobus sarebbe sopraggiunto a momenti, scusandosi cortesemente per l'eventuale disagio arrecato a Vn3. Vn3 si è mostrata comprensiva e non ha insistito ulteriormente. Volendo poi essere gentile, uno degli ispettori le ha chiesto dove fosse diretta, proponendosi per la ricerca di eventuali tragitti alternativi che potessero alleviare la situazione spiacevole. E qui Vn3 si è lanciata in un elegante esercizio di tautologie, dichiarando in modo inoppugnabile che era diretta dove arrivava il 791.
L'ispettore ha tentato ancora una volta di stimolare una minore autoreferenzialità, ma dopo aver ricevuto nuovamente in risposta la dichiarazione: "devo andare dove arriva il 791", questi ha vigliaccamente affermato: "Allora deve prendere il 791, sì".
A questo punto ha avuto luogo il secondo colpo da maestra cui ho avuto l'onore/onere di assistere in poche ore.
Vn3, senza colpo ferire, ha ringraziato per l'informazione e si è allontanata apparentemente mansueta, tornando col suo carrellino esattamente di fronte al palo giallo della fermata, come per esibire un'ineccepibile condotta.
Confesso di essere rimasta un po' sorpresa: era la prima volta che una ragionevole spiegazione come "c'è traffico, è tutto bloccato" soddisfaceva una vecchietta con carrellino. Tracce di redenzione per le sorti del paese, chissà.

Insomma, dopo altri 15, disgraziati minuti è arrivato il 791. Confesso che ho avuto un po' paura. Ho individuato furtivamente la porta da cui stava salendo Vn3, e sono salita da quella da essa più distante, sperando che il mare di gente tra noi mi salvasse dal temporale che si stava per abbattere sul povero autista.
Il mare non era abbastanza ampio.
Non appena Vn3 è salita, si è recata con il ritrovato vigore dei suoi 20 anni verso la cabina del conducente, ha gettato via la maschera della mansuetudine e ha cominciato ad urlare: "Ma è mai possibile che io debba aspettare 50 minuti l'autobus??? E'????????Le sembra possibile?? Si può sapere che cosa fate al capolinea? Lo so io che cosa fate, vi bevete il caffè e parlate di calcio!!"...e giù improperi su improperi.
Nel frattempo, tutta la prima parte della carrozza si era svuotata e tutti, dico tutti, si erano alzati per cedere il posto a sedere alla vecchietta del terrore. Tra questi, c'era un povero, anziano signore dall'aria rassegnata, un vecchietto mansueto con nello sguardo la consapevolezza dell'inutilità di ogni forma di reazione e protesta; certezza forse dettata da una vita passata con un'analoga vecchietta, Vn4, che in quel momento lo aspettava irosa a casa mentre lui, innocente e colpevole, tardava a rientrare con la spesa a causa di un traffico che non aveva in alcun modo potuto causare.

sabato 19 febbraio 2011

continui sorprusi e mortificazioni ad opera degli specchi: io dico basta!

Basta, ho deciso: è il momento di essere coraggiosi. Non posso più tacere di fronte ai sorprusi che da tutta la vita subisco ad opera degli specchi: le continue umiliazioni, gli sfottò, le prese in giro, le trappole...Ho quindi deciso di scrivere un post su questo blog per denunciare le amarezze di una vita in un mondo di specchi e vetrine e per cercare un riscontro nelle mie amiche femmine, al fine di sentirci meno sole nei dispiaceri che quotidianamente ci attanagliano quando uno specchio ci si para davanti.

Allora, cominciamo con una considerazione da fisico: IL MONDO E LA NOSTRA IMMAGINE IN ESSO NON SONO INVARIANTI PER CAMBIAMENTO DI SPECCHIO.
Mi spiego meglio. Prendi un - che ne so - martedì mattina in cui stai finendo di prepararti per uscire di casa: vai in bagno, ti guardi, ti riguardi, ti riguardi, ti riguardi (e, per essere realisti: ti riguardi, ti riguardi, ti riguardi, ti riguardi), e decidi che ciò che vedi è sufficientemente dignitoso e puoi azzardarti ad uscire di casa.
Prendi l'autobus, prendi la macchina, vai a piedi....il mezzo non conta: ciò che è certo è che ad un certo punto ti si parerà davanti una fottutissima superficie riflettente che inevitabilmente ti proporrà l'immagine di un povero mostro spettinato che cammina per la tua stessa strada, con il tuoi stessi vestiti, con la tua stessa borsa...Se la lista delle similitudini terminasse qui poco male, le coincidenze esistono: il vero dramma si consuma se, non sazi del sospetto che ci si insinua dentro e forse ingenuamente speranzosi in una smentita, andiamo ad aprire la borsa di quello stesso mostro, ne estraiamo il portafoglio e...ne peschiamo la carta di identità! Di fronte all'equivalenza dei dati anagrafici ogni illusione cade e ci riporta il tempo nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase, come direbbe montale. Insomma, sappiamo che quel mostro siamo noi.

Allora, delle due l'una: o noi ci siamo mostrificate nel tragitto da casa alla vetrina/specchietto retrovisore della macchina/vetro delle porte dell'autobus, o è in atto una fottutissima congiura ad opera degli specchi che si divertono a proporci immagini indebitamente storpiate della bella persona che tanto ci sbattia
mo a costruire. Sembra una follia, ma giuro che ogni tanto, quando arrivo davanti allo specchio del bagno in ufficio e mi vedo una specie di cespuglio in testa, occhiaie prima inesistenti e sguardo ebete e molto poco intelligente, mi chiedo che cosa diamine mi sarà mai successo nel percorso tra uno specchio e l'altro per subire questo declino, questa rovina e questo sbrindellamento.
Si dice: è la luce. E no! Non va bene! Dovrebbero esserci degli standard di illuminazione comuni a tutte le superfici riflettenti accessibili agli essere umani, perché noi povere femmine non possiamo subire questi cambi di percezione (con conseguente cambio di umore) ogni volta che un riflesso della noi stessa che cammina arriva sotto forma della noi stessa in versione fotoni e va a turbare gli occhietti il cervello il cuoricino della povera, sventurata noi stessa reale che si subisce 'sto benedetto trauma ogni volta, e deve stare zitta ed incassare.
Ma io dico: pure questi benedetti fotoni, non potrebbero
collaborare? Sono delusa,
indispettita: anni e anni a studiarli e questo è il modo in cui dimostrano la loro riconoscenza. Certe particelle sono proprio delle ingrate.

Parlando dell'argomento con diverse amiche, siamo arrivate alla conclusione che l'unico specchio gentile - vuoi perché
ammaestrato, vuoi perché costretto dal quieto vivere e dal fatto che dalla nostra parete non potrà mai schiodare - è lo specchio di casa (in particolare quello d
el bagno: quelli della camera da letto di solito sono più stronzi): lì mai uno sgarro, mai un'occhiaia, mai un minimo segno di stanchezza...
Sarà che anch'essi partecipano dei nostri sentimenti e imparano a volerci bene, o sarà solo il loro ruolo - quello di subdoli ingannatori, mentitori incalliti che ti trasformano in una strafica con una chioma da pubblicità della pantene quando invece hai in testa due spaghettini stropicciati perfetti per una pubblicità della barilla - nella congiura che gli specchi quotidianamente operano a dànno delle donne?
E poi: lei avrà pure reagito male e sarà stata eccessivamente rancorosa e vendicativa, ma alla povera strega di biancaneva potevano effettivamente pure girare un po' le scatole per le continue prese il giro del suo specchio mettitore di zizzania, o no?! ...E vogliamo parlare di tutto quel casino di sette nani, principi, mele e animaletti della foresta vari che è seguito alle provocazioni di uno stupido specchio?

Insomma, la storia e l'immaginario popolare fiabesco ci insegnano a diffidare degli specchi, e così mi consolo, pensando che gli specchi mentono di continuo e che io non sono quella che si vede da fuori, riflessa dalle vetrine, dalle porte degli autobus, dalle telecamere nei circuiti chiusi dei negozi di elettronica, ma sono quella che vedo io da dentro e che per fortuna nessuno specchio mi potrà mai storpiare.

mercoledì 8 settembre 2010

dedicato alle caprette

C'è poco da fare: a me la domenica piace andare a vedere le caprette.

Niente mi rilassa e stimola di più di guardare queste simpatiche creature che vivono felici la loro domenica pomeriggio con le loro simili o, magari, in compagnia di qualche altro strano animaletto.
Nell'ultimo anno la mia passione per le caprette è diventata via via più intensa, tanto che ora stanno cominciando ad emergere dentro di me, diciamo così, delle paure e dei sensi di colpa nei confronti delle pecorelle.
Come dichiarato in diverse circostanze ho un debito d'onore con la specie "pecorella" - potrei andare a cercarne il nome scientifico in giro su google, ma non mi va - anche perché convivo con una di esse da quando avevo 14 anni e ci siamo sempre volute tanto bene, sebbene la mia pecorella non sia una pecorella propriamente detta ma somigli, piuttosto, ad un parrucchino mal riuscito trovato in qualche negozio di parrucche negli anni 20 (dell'ottocento).
Non so perché ma le pecorelle, quantomeno nel mio personale immaginario, sono in qualche modo imparentate con le caprette (così come le rane sono tutte femmine e i rospi sono tutti maschi), e di entrambe non ho ancora ben capito quale dovrebbe essere il partner maschile (il montone? L'ariete? Lo stambecco????). Ho quindi paura che questo mio crescente entusiasmo per le caprette potrebbe essere a maggior ragione mal visto dalle pecorelle, che potrebbero accusare me di tradimento intestino, proprio con le loro cugine caprette, e cominciare a belare in modo polemico, rivolte a queste ultime, "parenti serpenti".

Insomma, non è a cuor leggero che pubblico sul blog questa dichiarazione di poetica, ma i tempi chiamano per un outing chiaro e coraggioso e ho deciso che non posso tirarmi indietro.
Spero che le pecorelle non me ne vorranno.

La capretta è un animaletto di carattere, c'è poco da fare.
Qualche mese fa eravamo allo Jardin Alpin, vicino Ginevra, e ho avuto una chiara dimostrazione della solidità caratteriale di questi ovini. Ero, infatti, lì a fare la stupidina e raccoglievo da terra foglie cadute e pezzetti di pane, e di tanto in tanto, quando il mio bottino di mondezza raggiungeva una soglia dignitosa, infilavo la mano tra la rete per dare da mangiare alle caprette accorse dalla mia parte. Finché la mano che porgeva loro il cibo era piena di qualcosa di commestibile tutto bene. Ad un certo punto, però (peccando di hybris, ora lo so), sentendomi meritevole di un contatto affettuoso e disinteressato con la capretta (dopo aver passato dieci minuti a nutrirla), ho osato allungare la mano vuota così, per fare una carezza, e...la capretta si è avvicinata, ha capito che la mano era vuota, e ha subito dato una cornata sulla rete come a dire: "Ao', ma che stamo a perde tempo qua?? Che me stai a frega'?!?!"...Insomma, dopo tanto penare non ho meritato manco un gesto d'amore dalla capretta ingorda, ma non ho potuto non apprezzare la fattività dell'animaletto, il forte senso pratico e la chiarezza mentale che ha dimostrato.

Un altro ricordo felice legato alle caprette si è formato nella mia testa, sotto la pecorella, non più tardi di domenica scorsa, quando siamo andati in un altro parco - questo ben più grande - e abbiamo trovato una mare di animaletti simpaticissimi capeggiati, manco a dirlo, da una grande varietà di caprette.
Come è nel loro carattere votato alla leadership, due caprette bianche e nere, una grande ed una piccola, c'hanno accolto nei pressi della cancellata di ingresso, come a dire buongiorno, ben trovati, siamo contenti della visita, e lì ho potuto constatare un'altra grandissima abilità delle caprette: il ventriloquismo.
E' successo infatti che una delle due caprette - quella piccola - stesse lì vicino alla rete a fare gli onori di casa, e che nel frattempo emettesse un sommesso "meeehhhh" senza muovere la bocca. Che figata! Per un attimo sono rimasta perplessa, ma quando mi sono convinta che il suono arrivava dalla nostra ospite, non ho potuto che segnare altri mille punti alle caprette e inchinarmi ammirata di fronte a tanta abilità.

Dopo aver girato per un po' nel parco siamo tornati dalle caprette, che a quel punto erano diventate tre: due piccoline scalmanate ed una grande sbragata per terra, disinteressata degli avvenimenti esteriori (apparentemente, forse: qualcosa mi dice che la capretta è sempre vigile), con l'aria cinica e annoiata di chi, nella vita, ne ha viste tante e non c'ha certo fantasia di starcelo a raccontare a noi. Le due piccoline, invece, hanno dato spettacolo: si sono infatti esibite in una lotta senza esclusione di colpi, correndo come scalmanate, zompando su un masso dalla cui sommità (quando non scivolavano come sceme) si avventavano poi sull'altra con la testolina in diagonale per rendere più efficace il colpo di cornette. Ahh, che meraviglia! Una delle due, in tutto questo clamore, è pure riuscita a fermarsi da noi a fare il pit-stop: si è infatti presa la fogliolina che le stavamo porgendo DA TRE ORE e poi è corsa via, più carica che mai grazie alle 0.001 calorie guadagnate con la nostra fogliolina, per tornare ad attaccare la sua amichetta.

Insomma, le caprette c'hanno il know how per un sacco di cose, ed io le ammiro sempre di più. Mi piacerebbe davvero, un giorno, finire non so come a vivere in una casa con un grande pezzo di terra e circondarmi di caprette isteriche e felici che mi corrono intorno e si mangiano le mie povere piantine.

p.s. I cuccioli di capretta sono stupendi, ma quelli umani sono ancora meglio, e ne ho avuto dimostrazione proprio allo Jardin Alpin. Mentre ero lì che, come una pupetta, cercavo di raccattare foglioline da terra per giocare a dar da mangiare agli animali, mi si è avvicinato un piccolo bimbetto cinese che non avrà avuto più di tre anni e, avendo visto che tanto mi affannavo a cercare del cibo, mi ha porto la sua manina e...mi ha dato tutto il mais che aveva dentro per darlo alle caprette! Sorvolando su chi sia stato l'adulto e chi il bambino in questa circostanza, confesso che mi sono commossa di fronte a tanta dolcezza, e questo piccolo scambio di mangime tra noi nutritori di caprette mi ha fatto sentire, come dire, molto orgogliosa anche di noi homo sapiens, che a volte sappiamo essere davvero speciali.

domenica 11 luglio 2010

l'animaletto domestico dell'oracolo di delfi - il polpo paul

Se gli organizzatori del mondiale South Africa 2010 l'avessero saputo prima, senz'altro il simbolo della competizione non sarebbe stato un omino stilizzato che calcia in rovesciata un pallone sullo sfondo dei colori della bandiera sudafricana, ma un tentacoloso polpo aggrovigliato ad un pallone che innalza con uno dei suoi tentacoli la coppa del mondo.
C'è poco da fare, volenti o nolenti il polpo Paul ha conquistato la ribalta con le sue predizioni e, sebbene la coppa del mondo sia ora in terra spagnola, sarà lui che passerà alla storia come il vincitore morale di South Africa 2010.
Prima di lasciarmi andare alla sudditanza psicologica (con la devozione incondizionata che ne consegue) per questo animaletto eccezionale, vorrei soffermarmi su quella che, a mio avviso, dovrebbe essere una delle domande principali per chiunque si affacci nel fantastico mondo dei miracoli di Paul, ma che, non so perché, invece nessuno sembra porsi. Ovvero: ma come diavolo è cominciato tutto questo?
Mi spiego meglio. Da brava italiana so che cosa sia la superstizione mondiale, la sacralità dei rituali anche nei loro aspetti più improbabili e le inaspettate strategie propiziatorie che le menti del nostro popolo colorito riescono ad elaborare in concomitanza delle partite storiche della nazionale, ma mai, mai e poi mai riesco a concepire come sia possibile che un tizio che, svegliatosi la mattina di una giornata in cui cadeva una importante competizione per la sua squadra (la germania, in questo caso), decidesse di porre fine immediatamente al mistero, si risolvesse, a tal fine, ad interrogare un polpo di un acquario in uno zoo sottoponendogli del cibo chiuso in contenitori trasparenti drappeggiati dalle bandiere delle squadre sfidanti. La procedura è quantomeno poco intuitiva.
Parlando con marco di questo argomento, questi ha realisticamente suggerito che la procedura sia stata definita alla fine di una serata a base di alcool da una cricca di crucchi ubriachi (wow, un fonosimbolismo!) che, per sapere in anticipo come sarebbe finita la partita della loro altrettanto crucca nazionale, si sono guardati e si sono detti: interroghiamo un polpo!

E va be', accettato questo mistero non c'è che farsi suggestionare dalle eroiche gesta di Paul, che senza paura sfida la sua stessa possibilità di sopravvivenza e pronostica coraggiosamente l'uscita di scena dai mondiali del suo paese ospitante, la germania.

In italia poche voci pubbliche sanno essere altrettanto coraggiose, e dunque tutti noi ne siamo suggestionati.

Il fatto è che il polpo piace.
E' lì nella sua vaschetta, incorruttibile, sceglie senza paura e poi, dopo la crudele (o dolce) sentenza, torna a sonnecchiare sui suoi scogli attendendo sereno la comparsa di eventuali sicari vendicatori.
Il polpo è inoltre figura attuale. Nell'immaginario collettivo italiano evoca la piovra, e quindi pone in primo piano problemi sempre attuali nel nostro scenario politico-sociale quali la mafia, che una serie televisiva di un paio di decenni fa associava a questo animaletto parente di paul.
Il numero enorme di tentacoli è anch'esso chiaro richiamo al sistema corruttibile italiano e cita con coraggio la capillarità delle reti clientelari che deturpano e indeboliscono ogni giorno la nostra società, e rendono quindi paul figlio del suo tempo e rappresentante innocente dell'insanità del momento in cui vive.
Come proponeva ieri dario, forse l'altra sera casillas avrebbe dovuto alzare al cielo il polpo, non la coppa, o, ancora meglio, avrebbe dovuto baciare appassionatamente la sua bella facciona oblunga e non quella della sua affascinante fidanzata giornalista. Minimo minimo sarebbe stata auspicabile una invasione di campo di paul, anziché del nostro folcloristico connazionale pro-cassano che ci ha fatto fare la nostra solita, affezionata e immancabile figura da peracottari.
E va be'.

In rete sono circolate diverse teorie sulle modalità con cui paul elabora i suoi pronostici, ma non voglio sofferarmi sull'argomento perché preferisco preservare il fascino della circostanza per cui un polpo è più bravo di mille esperti a predire i risultati delle competizioni mondiali, piuttosto che lanciarmi in intellingenti considerazioni sulla disposizione delle squadre nella vaschetta, sui colori delle bandiere etc. Certe divinità vanno amate bovinamente, senza domande di sorta, con puri tripli salti mortali di fede. E paul non merita nulla di meno che questo amore incondizionato, perché ha rallegrato, almeno a noi italiani, un triste mondiale passato per tre partite ad aspettare che la nazionale cominciasse a giocare sul serio a pallone, e per le altre a gufarla alla germania a causa del video che tre dei suoi sbronzi tifosi avevano diffuso prima del mondiale su internet, augurando la sconfitta all'italia. Come diceva giustamente zucconi su repubblica, l'altro giorno: chi gufa sarà gufato. E paul ci ha vendicato.

Piccolo scoop in diretta. Proprio mentre sto scrivendo questo post, leggo su repubblica online che l'istruttrice del polpo ha rivelato interessanti retroscena sulla storia di paul, spiegando che paul è italiano - toscano, in particolare - e che proviene dall'isola d'elba.
Ecco spiegato il mistero.
In italia non solo cani e porci si intendono di calcio, ma pure abitanti del mondo sottomarino che, impossibilitati dal caos proveniente dalle terre emerse a vivere in pace la loro umida vita, di domenica pomeriggio (e ora pure sabato sera, e mercoledì sera, e a volte martedì etc), hanno deciso di interessarsi del business del calcio e di provare a capirci qualcosa anche loro per prendere parte alle discussioni.
Forse Paul, in quanto toscano, è della fiorentina e prandelli è stato una sua dritta.

Mi permetto di chiudere il post con un invito: la snai dovrebbe adottare l'icona di paul come suo simbolo. Un polpo che, penna al tentacolo, compila una schedina mentre dietro di esso si ammassa una folla di scommettitori domenicali che cercano di carpire i suoi pronostici al fine di poterli usare per arricchire le loro tasche.
Non solo: la figura di paul andrebbe aggiunta ai profeti che secoli di storia occidentale hanno tramandato fino a noi. La pizia, l'oracolo di delfi, tiresia, la sibilla cumana...e infine paul che, se tanto ci dà tanto, è la versione attuale del saggio che guarda lontano nel tempo, e che incarna la saggezza e il meglio dell'umanità ad esso contemporanea. Se la componente divina della grecia classica si traduceva in tiresia o nell'oracolo di delfi, quella dei primi italici nella sibilla cumana, quella dei francesi del '500 in nostradamus, la nostra si traduce in...un polpo, che infila tentacoli dove può per procacciarsi il cibo e se ne frega di tutto e di tutti. Direi che ci facciamo un figurone: agli occhi dei fottutissimi posteri che stanno sempre a mettere pressione risulterà che siamo davvero un popolo fico che nulla ha da imparare dal mos maiorum o da genti varie passate o future.

mercoledì 9 giugno 2010

l'astuzia e il commovente coraggio dei pallini gialli

L'altra mattina mi sono svegliata molto stanca. Sebbene la notte avessi riposato abbastanza bene, la stanchezza accumulata nell'ultimo periodo è tale che difficilmente può essere smaltita in una notte di sonno.
Nonostante la fatica, mi sono alzata, ho messo su l'acqua per il tè, ho avviato il pc...e mi sono resa conto che avevo qualcosa di inconcluso in testa, come se mi fosse sfuggita una riflessione importante che stavo facendo e che non avevo portato fino in fondo, o come se avessi dimenticato qualcosa di bello che mi piaceva rigirarmi nella mente ma che, in quel momento, era fuggito via.
Proprio mentre stavo spalmando il miele sul pane...tac! ecco che mi è apparsa splendente e ben definita, proprio al centro del cervello, la causa di quella insoddisfazione mattutina: il sogno che stavo facendo e che il suono della sveglia aveva interrotto proprio nel momento di massimo pathos narrativo.
La prima parte del sogno si svolgeva in una specie di enorme villa: accedevo ad essa attraverso un bellissimo giardino pieno di fiori e fontane e, quasi istantaneamente, mi ritrovavo a guardare l'ingresso dell'edificio stesso dall'interno, da una sorta di stanza che dava nella sala informatica in cui erano situati tre pc neri.
Ora, il fatto curioso della faccenda era che i capi della villa erano tre grandi cagnoni neri e, dato che avevo bisogno di un account in uno dei computer lì presenti, dovevo rivolgermi ad essi perché mi abilitassero all'utilizzo di una di quelle macchine.
Don't worry, il fatto di dovermi rivolgere a tre cani per avere un account su un pc non mi preoccupava: sono cose che capitano quotidianamente. Tutto sta nel sapersi comportare.
Proprio mentre mi muovevo per cercare i cani ed avere l'account...lo scenario cambiava rapidamente e mi trovavo su una spiaggia ai piedi di quello che credevo fosse il relitto di una grande nave.
Ora, si scopriva che in realtà tutta questa storia di cani era una grandiosa lotta tra titani (o dèi o roba simile) che volevano conquistare il mondo e che mettevano in pericolo l'umanità, e che i cani, insieme con mia zia, stavano cercando di capire come gestire la situazione.
Ad un certo punto, però, si capiva ancora meglio e si scopriva che in realtà degli umani non ce ne fregava nulla, e che i veri protagonisti erano dei piccoli pallini gialli di mezzo centimentro di diametro, creature vive e intelligenti che avevano una faccetta - meglio: erano solo una piccola, tonda faccia gialla -, dei sentimenti e dei pensieri, e che erano in pericolo perché una specie di dio del cielo, che in quel momento, però, stava facendo il bagno nell'oceano e in pochi minuti si sarebbe messo a prendere il sole sulla spiaggia, voleva distruggerli tutti e far estinguere la loro specie.
I pallini gialli non ci stavano.
Saranno pure stati pallini ma avevano una enorme dignità e forza d'animo.
Con mio grande stupore, nonostante il supposto risentimento che avrebbe, a mio avviso, dovuto monopolizzare il loro cuore, vedevo allora che piano piano si facevano gentili e carini e andavano dal dio del cielo che prendeva il sole (ora non più sulla spiaggia, ma sospeso a pochi metri nell'aria, a penzoloni su una nuvola) ed erano gentilissimi con lui: gli chiedevano se avesse bisogno di qualcosa, se voleva un gelato, se potevano far qualcosa per allietarlo...Insomma, risultavano amabili e disponibili.
A quel punto io rimanevo molto perplessa e pensavo che era strano, tutto questo, perché visto che era in pericolo il loro universo avrebbero potuto pure essere un po' incazzati col dio del cielo che voleva distruggerli, invece sembravano docili e mansueti e non si preoccupavano di nulla.
Fatto sta che, proprio mentre mi abbandonavo a queste riflessioni, vedevo che tutti i pallini gialli, che prima volavano all'altezza della nuvola dove prendeva il sole il dio del cielo, rivolgevano i volti verso il basso e cominciavano a scendere (per svolgere eventuali compiti richiesti dal dio, pensavo io che sono ingenua e mi faccio fregare sempre da tutti, extraterrestri, animali o forme geometriche che siano) ma, proprio in quel momento...le loro facce si trasformavano, assumevano un'espressione terribile...e si precipitavano con una furia incredibile verso il basso, dove atterravano producendo una nuvola enorme di granelli di sale bianchi bianchi, che, si capiva (il collegamento è ovvio, come non pensarci) avrebbe avvolto il dio del cielo e lo avrebbe distrutto.
Tiè.

Proprio in quel momento, mentre mi pregustavo la scena epica in cui il dio del cielo sarebbe stato sciolto o non so cosa dal sale dei pallini gialli, nel momento subito prima della comprensione, quando la mente è tutta tesa ad assaporare il gusto della scoperta...ho cominciato ad avvertire un suono alieno, inadatto, e mi sono chiesta: ma che davvero ho lasciato il cellulare acceso in un momento così epico? Davvero sono stata così indelicata?
...Ma poi ho capito che il suono era più reale dei pallini gialli, che la vita vera era quella a cui si riferiva la sveglia e che toccava lasciare questo paradiso di giustizia per andare a fare colazione.

Stasera mi vado a comprare le M&Ms e faccio loro un altarino.

sabato 20 febbraio 2010

In memory of Gregorio

This post is dedicated to the memory of a great soul, Gregorio's one, and to the meanness of a human being, me.

Yesterday I had a very nice dinner with my italian-spanish-french friends: we went to an indian restaurant, whose look was very suggestive and whose food was great (heavy, but great).
In my infinite ingenuousness, while we were organizing the night - ok, actually all the organization was devolved upon the nicest french in the world, Morgan-Morganizator-Moranisor - my only doubt was about the spices present in the food, because I really don't like some of them and I want to avoid with all my energies that some of that seeds of cilantro, cumino etc enters in my mouth.
What a stupid woman I am (to say simultaneously "stupid" and "woman" is redundant, I know)!
I was so occupied in worrying about spices, that neither for one moment I consider the possibility that, instead of strange, exotic seeds, I was eating...an insect! A black insect, with a lot of legs and with a terrible look.
At the very beginning, while having my icecream, I tasted something very bitter, and I started complaining about having eaten something like a piece of plastic or something like that.
After some other spoon of icecream, I noticed a black object in the cup, so I recovered it and removed all the residual icecream on it. And at that very point, I understood how ingenuous I was in spending my time after spice-related problems, while I should have rather concentrated on the presence of animals inside my food.

After that incredible discovery, I showed it to my friends whit a disgusted look, but some of them - probably one more sensible than me to all the wonderful forms that the life can assume on this earth - explained me that that being I was looking at with such a bad face was Gregorio, that it had a life and that probably I ate, some minutes before, one of its best friends. No! It was even worse: probably I ate its girlfriend/wife, with which it was doing their honeymoon in Paris! Probably in the very same moment that the spoon captured one of them to take it to my mouth, they were planning their life together: having some kids, buying a home and, why not?, renting a camper to travel all around the world. The situation was collapsing. It was a real drama.
I felt guilty, insensible and really wretch: in front of such a tragedy I was only able to say: che schifo*!



* in italian: it is disgusting!